domenica 20 settembre 2015

La questione mediorientale - concetti chiave

Trattando la questione mediorientale è necessario fare un po' di chiarezza su alcuni termini e concetti che vengono usati, il cui significato non è sempre chiaro, e talvolta è controverso. Cercherò fornire una definizione sintetica, rimandando alla lettura di testi più ampi con dei link, principalmente a Wikipedia.

In ordine alfabetico: Califfo/Califfato, ISIS/Daesh/Stato Islamico, jihad/jihadismo, Medio Oriente/Vicino Oriente, Paesi arabi/Paesi islamici, Primavere arabe, Sciiti/Sunniti, Shariʿah (legge), sionismo, ...

Sono ben accetti suggerimenti e integrazioni :-)



In primo luogo, quale parte del mondo chiamiamo Medio Oriente?


Il nome della regione deriva da una prospettiva europea, e quindi sarebbe preferibile chiamarlo Vicino Oriente.
Facendo una ricerca sul web si trovano diversi risultati, ma per comodità possiamo circoscriverlo alla regione che va dall'Egitto all'Iran, e dalla Penisola dell'Anatolia alla Penisola Arabica, come evidenziato dalla cartina geografica.



Altri due punti su cui è necessario fare chiarezza:
  1. Quali sono i paesi arabi? Sono i paesi la cui maggioranza della popolazione parla la lingua araba, che è la lingua ufficiale dello Stato.

  2. Quali sono i paesi islamici? Sono i paesi la cui maggioranza della popolazione è musulmana, cioè professa la religione islamica. La religione in questi Stati è fortemente legata al governo politico, ma solo in alcuni la giurisprudenza applica la Shariʿah, come Iran e l'Arabia Saudita.

    Quindi: tutti i paesi arabi sono islamici, ma non viceversa



Il mondo islamico non è per nulla monolitico. Come per la religione cristiana, anche i musulmani presentano delle divisioni al loro interno. Una prima grande distinzione è quella fra sunniti e sciiti. E qui cito il lavoro della mia alunna Sara, che ha fornito una spiegazione.

Sunniti e sciiti sono entrambi dei seguaci dell’Islam:
  • credono nello stesso Dio, Allah;
  • credono nel suo profeta Maometto;
  • obbediscono ai cinque pilastri della religione.

La divisione tra sunniti e sciiti risale alla morte del fondatore dell'islam, Maometto (632 d.c.), per la designazione del califfo (il successore, alla guida dei popoli musulmani):
  • i sunniti (sunnah/tradizione) ritengono che il successore di Maometto dovesse essere Abou Bakr, amico e suocero di Maometto;
  • gli sciiti ritengono che il successore di Maometto dovesse essere Alì, suo cugino e allo stesso tempo genero.

Prevalsero numericamente i sunniti, che oggi costituiscono l’80% dei musulmani. Con l’ascesa di Khomeini in Iran, nel 1979, si generò una vera contrapposizione politica fra gli stati a maggioranza sciita, capeggiati dall’Iran e quelli a maggioranza sunnita, capeggiati dall'Arabia Saudita, e quindi le divisioni religiose sono utilizzate per fini politici.



Storicamente il califfato, il governo e i territori governati dal califfo, ha avuto inizio alla morte di Maometto, nel 632, e si è concluso nel 1258 con la presa di Baghdad (l'odierna capitale dell'Iraq) da parte dei mongoli. Nel tempo della sua massima estensione i territori del califfato andavano dalla Spagna all'Indo, includendo il Nord Africa, tutto il Medio Oriente, Pakistan, Afghanistan. Il governo era di tipo dinastico. I principali califfati sono stati quello degli ommayyadi (con capitale Damasco, nell'odierna Siria) e quello degli abbasidi (con capitale Baghdad, nell'odierno Iraq).


Il califfato omayyade

In tempi successivi, ci sono stati diversi tentativi di farlo risorgere, come è stato il caso del califfato ottomano che perdurò sino al 1924, con la nascita della moderna Turchia, voluta da Atatürk.

Oggi un manipolo di fanatici con un'ideologia di stampo nazista e con mire di espansione, che hanno la loro base in una regione fra la Siria e l'Iraq, intendono far risorgere il califfato. L'autoproclamato califfo si chiama Abu Bakr al-Baghdadi, e governa un'entità chiamata ISIS (o Daesh): lo Stato Islamico della Siria e del Levante. La guerra civile in atto in Siria e in Iraq ha provocato l'esodo di 4 milioni di persone.
(Desidero essere sintetica qui, ma questo punto sarà certamente approfondito)


mappa dell'ISIS

Voglio ricordare che i califfati storici erano centri di grande civiltà, dove venivano coltivate le arti e le scienze, nulla a che vedere con la barbarie che oggi osserviamo nell'ISIS (i numeri che usiamo sono i numeri arabi, la parola algebra (al-ğabr) deriva dall'arabo, lo zero e la numerazione posizionale ci arrivano dall'India grazie agli arabi...).



Alle azioni criminali di gruppi come ISIS, Boko Haram, Al Qaeda, per citare i più noti, si lega l'attributo di jihadisti, col significato di combattenti la 'guerra santa' contro gli infedeli.

Si potrebbe pensare che gli infedeli siano i non islamisti, ma non è così. Per questi gruppi gli infedeli sono i non islamisti e tutti coloro che non interpretano il Corano secondo la loro singolare visione, infatti il maggior numero delle loro vittime vittime si contano fra i musulmani stessi, e chi fugge, fugge dalla loro violenza.

Nel Corano, tuttavia, il termine jihad, che significa letteralmente 'sforzo', è la tensione che un musulmano dovrebbe esercitare verso se stesso comprendere i misteri divini e l'impegno nell'affermare e diffondere la fede. E non ha in origine una connotazione bellica. Maometto parla di un dio misericordioso, pronto al perdono.


Faccio un paragone attualissimo che, secondo me, serve a far capire le distorsioni della religione.
  • Papa Francesco esorta i fedeli ad accogliere i profughi che fuggono dalla barbarie dell'ISIS con spirito cristiano.
  • In Ungheria erigono i muri per impedire l'accesso ai profughi siriani sostenendo che è necessario proteggere la cultura e la civiltà cristiana dall'invasione di questi 'stranieri'.
Chi interpreta correttamente il pensiero cristiano? Il presidente ungherese Orban o il capo della comunità cristiana Francesco?



Shariʿah in arabo significa "legge" ed è un codice di comportamento etico derivante dall'interpretazione dei libri sacri dell'islam (Corano e Sunna). In alcuni Stati islamici (come l'Arabia Saudita e l'Iran) i codici del diritto privato e pubblico derivano dall'interpretazione dei testi sacri, in questo caso si dice che essi applicano la Shariʿah. In altri Stati islamici la Shariʿah non si applica affatto (come in Tunisia e in Turchia), il cui codice è quindi laico, in altri ancora è applicata al solo diritto privato (come in Egitto e in Algeria).


Così come ci indigniamo per l'applicazione della pena di morte negli Stati Uniti d'America, allo stesso modo ci indigna sapere che una donna adultera è condannata con la lapidazione in Iran (per inciso, l'adulterio non è più un reato in Italia solo dal 1968), o che un oppositore di regime è decapitato e crocefisso in Arabia Saudita.

È necessario l'impegno di tutti perché ovunque i diritti umani siano rispettati: alcune associazioni internazionali promuovono campagne simboliche di sensibilizzazione, per combattere contro la violazione dei diritti.



Il sionismo (dal Monte Sion, su cui sorge Gerusalemme, la città santa per cristiani, musulmani ed ebrei) è un movimento politico sorto verso la fine del 1800 che si proponeva di dar vita uno Stato per gli ebrei, per permettere loro di sfuggire alle ripetute ondate di antisemitismo che si susseguivano in Europa. Il culmine delle persecuzioni è stato il genocidio nazista, ma gli ebrei sono stati per secoli fatti bersaglio di ghettizzazione, pregiudizi, persecuzioni e violenze. La nascita dello Stato ebraico, Israele, è stato sancito nel 1948, ma la sua nascita non ha significato la pace, né per gli ebrei, né per i palestinesi che hanno dovuto lasciare le loro terre, profughi a loro volta.


Gerusalemme



La primavera è la stagione dell’anno che rappresenta il risveglio della natura, ed è usata come metafora per indicare i movimenti di lotta per la rinascita della democrazia contro regimi di governo oppressivi, che non rispettano i diritti umani e reprimono le libertà individuali: la Primavera di Praga risale al 1968, la Primavera di Pechino al 1989, e, più recentemente, le Primavere arabe.

Tutto iniziò in Tunisia nel 2010 con le manifestazioni per protestare contro l’aumento del prezzo del pane represse duramente dalla polizia. In seguito alla repressione un ambulante, Mohamed Bouazizi, compì un gesto estremo dandosi fuoco pubblicamente. Sull’onda emozionale le manifestazioni ripresero e divennero contro il regime corrotto di Tunisi e per chiedere elezioni democratiche.


Nella maggioranza dei Paesi arabi post-coloniali i regimi non sono eletti democraticamente, ma sono o a successione dinastica, o nelle mani di militari che hanno preso il potere con colpi di stato, o comunque stabiliti in modo verticistico (dal gruppo al potere). Alla rivolta di Tunisi sono seguite manifestazioni in altri paesi: la Siria, la Libia, l’Egitto, la Tunisia, lo Yemen, l’Algeria, l’Iraq.

La spontaneità della ribellione, la grande partecipazione giovanile, l’imponenza delle manifestazioni di piazza e la non violenza del movimento, che avevano segnato il momento più alto di questa ondata rivoluzionaria, si sono trasformate in molti casi in lotte di potere da parte dei terroristi islamici camuffati da ribelli moderati ed appoggiati in modo spudorato dall’Occidente e dai Paesi arabi coinvolti nei conflitti per motivi politici, sfociate nella tragedia siriana.



lavori in corso

Alawiti
Baathista
Hascemiti
Nazionalismo arabo
Velo islamico
Wahhabita

Nessun commento:

Posta un commento