martedì 26 aprile 2011

25 anni fa, Chernobyl




Era il 1985 quando Michail Gorbaciov divenne segretario del Partito Comunista sovietico. Le sue parole d'ordine erano perestrojka e glasnost', ristrutturazione e trasparenza. Quando scoppiò il reattore della centrale nucleare di Chernobyl, in Ucraina, il 26 aprile del 1986, l'incidente fu tenuto nascosto. Nessuna trasparenza, dunque. Un'enorme quantità di radiazioni invisibili si alzarono nell'atmosfera e si mossero trasportate dai venti nei cieli d'Europa. Poi, inevitabilmente, la notizia si diffuse.

A seguito dell'incidente 350 mila persone furono evacuate dalla zona, e fu costruito un sarcofago di cemento per sotterrare il nucleo.

Oggi i livelli di radioattività sono ancora elevati, l'area è tuttora interdetta e il sarcofago all'interno del quale c'è il nucleo ancora attivo sta cedendo, ma ancora non sono stati reperiti i fondi per una nuova copertura. La stima delle vittime è controversa (4mila?, 60mila?, 6milioni?). Si tratta del più grave incidente nucleare occorso.



Lo scenario politico in Ucraina nel frattempo è completamente cambiato. Diventata indipendente nel 1991 dopo il dissolvimento dell'URSS, mostra più interesse verso l'Europa comunitaria e la Nato che non verso la Russia, da cui dipende, però, per l'approvvigionamento energetico.

Aggiornamento giugno 2014


Questa doppia attrazione dell'Ucraina fra Russia e Unione Europea ha provocato una profonda crisi nel Paese. Quando il presidente ucraino Yanukovich ha scelto la Russia vi sono state imponenti manifestazioni a favore dell'ingresso nell'UE culminati prima negli scontri di piazza che hanno causato numerose vittime, e infine la caduta e la fuga del presidente stesso. Qui la cronaca degli eventi.



Le popolazioni russe della Crimea e dell'Est del Paese non hanno accettato il cambiamento politico, sobillate e sostenute da Mosca provocando gravi scontri.

In Crimea un referendum ha determinato il distacco della regione e la sua annessione alla Russia (gli interessi della Russia in Crimea sono altissimi: basi navali e giacimenti di carbone).

A tutt'oggi è ancora aperta la crisi delle regioni orientali dell'Ucraina.


lunedì 25 aprile 2011

Popolazioni romani



Il video, con immagini e musica tratte dal film "Gatto nero, gatto bianco" di Emir Kusturica del 1998, introduce questo post, che non parla di gente di Roma, né di Romeni (il titolo può trarre in inganno), ma di zingari. Intanto qualche breve informazione (qui un racconto più ampio):

  • in Italia vivono circa 170 mila fra Rom e Sinti, la metà di loro ha cittadinanza italiana;
  • in Europa sono 10 milioni di persone, (36 milioni nel mondo intero) che vivono in maggioranza nei paesi balcanici;
  • non sono contadini, non sono quindi legati alla terra, ma non sono più un popolo nomade; la loro precarietà è soprattutto dovuta alle persecuzioni di cui sono stati e sono tutt'ora oggetto;
  • parlano il romani, di origine indiana, frammentata in una miriade di dialetti, a causa delle contaminazioni dei Paesi in cui hanno vissuto;
  • a lungo hanno mantenuto un'identità forte, basata sulla tradizione orale, ma non sono chiusi ai non-zingari, tanto da professare la religione del paese in cui hanno vissuto in modo più duraturo (alcuni sono cattolici, altri ortodossi, altri ancora islamici...);
  • tradizionalmente le attività svolte dai Rom-Sinti sono state quelle di musicisti, giostrai, circensi (le famiglie Orfei e Togni sono entrambe di origine Sinti), fabbri, commercianti di cavalli, lavoratori di metalli (molte di queste attività non sono più spendibili oggi);
  • non rubano i bambini (che idiozia pensarlo!).

La cartina mostra la diffusione dei Rom-Sinti in Europa.


Durante il nazismo sono stati oggetto di persecuzione, ma al successivo Processo di Norimberga non furono invitati a testimoniare e non fu riconosciuto ai sopravvissuti alcun risarcimento. Solo nel 1979 l'ONU ha riconosciuto agli zingari l'identità di popolo, mentre i nazisti l'avevano già riconosciuta nel 1938, per procedere alla loro sterilizzazione e al loro sterminio.

L'UE riconosce che "essi sono spesso vittime di discriminazione razziale e sociale, senza la parità di accesso ai servizi di istruzione, occupazione, alloggio e assistenza sanitaria" e per questo sono previsti dei progetti per sostenere l'inclusione dei Rom. Alcuni paesi europei, come la Spagna o la Germania, hanno attuato delle timide politiche di sostegno (alloggi, sussidi, offerte lavorative), mentre Francia e Italia procedono agli sgomberi e alle espulsioni.

In Ungheria si va oltre. Si organizzano ronde per proteggere la maggioranza magiara dal “pericolo zingaro”.

Questo vento che soffia dal passato ammorba l'aria. Le cose vanno male? Si cerca un capro espiatorio, fra i deboli, in barba alle dichiarazioni di principio.

venerdì 22 aprile 2011

Un italiano all'estero



Il video rappresenta il grottesco tentativo di integrazione di un italiano andato a lavorare nella Svizzera tedesca.

Tratto dal film "Pane e cioccolata" del 1974, narra le disavventure di Giovanni "Nino" Garofoli. Su YouTube sono presenti diversi spezzoni, ma vale la pena di essere visto per intero.

Quello che vorrei comunicare mostrando questo vecchio, ma a mio parere attualissimo film, è una rappresentazione del punto di vista del migrante. Spesso, di fronte ad atteggiamenti xenofobi da parte degli italiani, si ricorda loro che sono stati a lungo un popolo di migranti, e hanno dovuto subire a loro volta atteggiamenti xenofobi, ma sembra che le parole non siano sufficienti. La memoria si è dileguata. Un film permette il transfert, il processo di identificazione psicologica: voi, da che parte state?

L'immagine seguente rappresenta una delle tante navi che portarono gli italiani in America. In un secolo, fra il 1876 e il 1976, sono partite dall'Italia 24 milioni di persone, fuggite dalla miseria! e questo numero non tiene conto dell'immigrazione interna, dal Sud e dal Nordest  a Milano e a Torino durante il boom economico che seguì la fine del secondo conflitto mondiale.


        
        
                 
Paesi di emigrazione italiana (1876-1976)

Europa                                   Paesi extraeuropei
Francia         
4.117.394
Stati Uniti         
5.691.404                 
Svizzera         
3.989.813         
Argentina         
2.969.402                 
Germania         
2.452.587         
Brasile         
1.456.914                 
Belgio                 
535.031         
Canada         
650.358                 
Gran Bretagna
263.598         
Australia         
428.289                 
Altri                 
1.188.135         
Venezuela         
285.014                 
Totale                 
12.546.558         
11.481.381                 

La tabella - tratta dal CD-ROM “Percorsi interculturali” allegato a D.Rigallo, D. Sasso, “Parole di Babele”, Loescher – è in “L’emigrazione italiana” di Maddalena Tirabassi, da “Euromediterraneo”, n.2, 1999.



Aggiornamento del 30 aprile 2011

Il test d'ingresso, un brano tratto dal film Nuovo Mondo di Emanuele Crialese, del 2006.



Il film racconta i sogni di una famiglia che lascia la Sicilia per l'America, il tremendo viaggio, l'umiliazione delle delle visite e del test d'intelligenza (?!), con il terrore di essere rimandati indietro.

giovedì 21 aprile 2011

Islanda



Vi ricordate quei giorni in cui gli aeroporti restarono bloccati a causa dell'eruzione di un vulcano islandese dal nome impronunciabile? Eyjafjallajökull. Era l'aprile del 2010. Le ceneri emesse avrebbero potuto danneggiare i velivoli, e questo consigliò la cancellazione dei voli in Europa. Un vulcano silente per 190 anni che si è risvegliato improvvisamente.

L'Islanda è un'isola geologicamente molto interessante: come si osserva dal bel filmato, essa rappresenta la parte emersa della Dorsale Medio-atlantica, una catena di vulcani, per il resto sottomarini, che costituisce la cicatrice dei margini di accrescimento del fondale dell'Atlantico.

La ricchezza di energia termica proveniente dal sottosuolo è sfruttata per la produzione di energia elettrica, acqua calda per il riscaldamento, per usi domestici e per le colture in serra dove si coltivano ortaggi e fiori. Di tutto un po'. Gli islandesi usano pochissimo le fonti non rinnovabili di energia.

Una curiosità che ho appreso leggendo un blog, Islanda oggi (che consiglio di visitare in modo approfondito), a proposito delle serre è che, a causa dell'alta latitudine, nelle lunghe notti invernali viene accesa la luce e che, nelle altrettanto lunghe giornate estive, vengono messe delle tendine oscuranti. Le piante autoctone sono ben adatte al ritmo circadiano della natura islandese, non gli ortaggi.

Clima freddo, certamente, quello islandese, ma mitigato lungo le coste meridionali dalla Corrente del Golfo. Le belle immagini del video che segue raccontano il paesaggio dominato dalla tundra. Sono anche visibili le fantastiche luminosità di un'aurora boreale.


L'Islanda non fa parte della UE anche se, dopo essere stata travolta dalla crisi finanziaria del 2008, ha presentato richiesta di adesione.

Breve scheda relativa all'Islanda




Aggiornamenti del 26 aprile 2011:

Splendide immagini di aurore boreali dall'Islanda

Dall'Islanda energie rinnovabili per l'Europa.



Aggiornamento 25 agosto 2011:

Un modo diverso per affrontare la crisi:



lunedì 18 aprile 2011

L’Unione europea e l’immigrazione




Le cronache di questi ultimi giorni hanno messo al centro dell’attenzione di tutti gli europei la questione dell’immigrazione. Lo stravolgimento dello scenario mediterraneo, con particolare riguardo ai paesi del Nord Africa, ha innescato una nuova ondata di migranti che stanno raggiungendo le nostre coste.

Prima di ragionare su quanto sta avvenendo, è bene fare un passo indietro e guardare in generale le questioni immigrazione, libera circolazione e soggiorno negli Stati membri dell’Unione europea.
Innanzitutto l’UE è competente a stabilire regole per la libera circolazione (possibilità per le persone di muoversi ed abitare in un Paese dell’UE) riguardanti persone aventi la cittadinanza di uno Stato membro dell’UE e i parenti di questi, anche se non hanno la cittadinanza di uno Stato UE ma terzo (es. Stati Uniti, Marocco, Turchia, Cina). Un cittadino di uno Stato UE ha diritto a viaggiare e soggiornare in tutti gli Stati dell’Unione e con lui il suo nucleo familiare, quale che sia la cittadinanza dei parenti. Immaginiamo per es. una cittadina italiana, sposata con un cittadino russo, a cui viene offerto un lavoro in Francia. Ebbene, lei potrà andare a vivere in Francia senza che la Francia possa impedirglielo e portare con sé il marito anche se non è cittadino di uno Stato dell’UE. Altro esempio: immaginiamo un tunisino che è in Europa da molto e che è diventato cittadino inglese, suo fratello potrà entrare in Inghilterra in quanto parente di un cittadino dell’UE. In questi due casi i parenti stranieri dei cittadini dell’UE hanno una specie di “diritto automatico” al permesso di soggiorno.

Discorso diverso si fa per i cittadini di Paesi terzi alla UE che non hanno parenti che sono cittadini della UE. In questo caso la competenza non è dell’UE ma degli Stati membri. Sono infatti gli Stati a dare il famoso permesso di soggiorno ossia un documento che permette ad un cittadino straniero (non europeo) di stare in Europa legalmente. Solo se il soggiorno in Europa sarà molto lungo vi sarà competenza dell’UE. Altrimenti in questo ambito, l’UE può al massimo stabilire delle regole comuni ai Paesi membri per definire quali requisiti deve avere un cittadino non europeo, col permesso di soggiorno, per varcare il confine dello Stato che gli ha dato il permesso. Anche qui sarà utile un esempio. Immaginiamo un cittadino del Senegal, il quale non ha parenti cittadini UE, che riceve il permesso di soggiorno in Italia e vuole andare a cercare lavoro in Germania. Affinché possa far ciò deve avere una serie di requisiti stabiliti da un regolamento (una “legge”) dell’UE, altrimenti è destinato a rimanere in Italia.

Ora possiamo parlare di quel che sta succedendo in questi giorni. Dalla lettura di quanto sopra abbiamo capito che dobbiamo fare una distinzione fra i migranti che stanno arrivando sulle nostre coste. Da una parte quelli che hanno parenti che sono cittadini dell’UE, i quali hanno diritto a raggiungere la loro famiglia (diritto al ricongiungimento familiare e quindi “diritto automatico” al permesso di soggiorno). Dall’altra quei migranti che non hanno parenti cittadini UE e che per restare in Europa devono chiedere un permesso di soggiorno, e di questi ci interesseremo.

Il Governo italiano sostiene di aver dato un permesso di soggiorno ai migranti che sono arrivati da gennaio ad aprile in Italia per motivi umanitari in quanto la situazione sociale del Nord Africa è particolarmente grave. Questo tipo di permesso è previsto dalle norme dell’UE come permesso speciale che deroga a tutti i requisiti (es. reddito minimo) che richiede il diritto dell’UE per ottenere un permesso “ordinario”. Perciò può essere dato a chiunque, indipendentemente dalle condizioni economiche o di salute dei migranti. E infatti nostro Governo lo ha dato indistintamente a tutti quelli arrivati in Italia in modo irregolare da gennaio ad oggi. Questo permesso, per il Governo italiano, non solo garantisce a queste persone il legale soggiorno in Italia, ma anche la possibilità di varcare il confine italiano per poter raggiungere gli altri Paesi europei, come per esempio la Francia. Gli altri Stati UE (Francia in primis) ritengono invece che quel permesso “umanitario” non basti e che i migranti con permesso possano varcare il confine e arrivare sul loro territorio solo se possiedono una serie di requisiti (es. un reddito minimo). Requisiti che chi ha con sé solo i propri vestiti non può certo soddisfare.

Qui la questione si fa controversa. Da un lato la Francia sembrerebbe avere ragione, in quanto il permesso umanitario garantirebbe solo la circolazione e il soggiorno all’interno dello Stato che ha fornito tale permesso (almeno questo è quel che pare dalla lettura dell’art. 5.4.c regolamento 562/2006, che sul punto non è affatto chiaro). Dall’altro lato, però, ha ragione l’Italia dicendo che la Francia non può vietare ai migranti con il permesso umanitario di varcare il confine, in quanto i controlli alle frontiere interne (fra gli Stati dell’UE) sono stati aboliti (come appare chiaro e inequivocabile dagli artt. 1 e 20 regolamento 562/2006) per qualsiasi categoria di persona (cittadini UE e di Stati terzi).

L’unico modo attraverso cui la Francia potrebbe respingere i migranti con permesso umanitario sarebbe ritenere il loro arrivo sul territorio francese una “minaccia grave” all’ordine pubblico (art. 23 regolamento 562/2006). Infatti, solo così potrebbero essere ristabilite temporaneamente le verifiche al confine e quindi la possibilità di applicare alla lettera (anche se dubbia) l’art. 5.4.c del regolamento 562/2006 che prevede che i titolari di permesso umanitario possano soggiornare solo nello Stato che ha dato il permesso stesso. Tuttavia, parlare di grave minaccia all’ordine pubblico sarebbe senza dubbio pretestuoso ed ecco perché da qualche giorno la Francia sta facendo entrare i migranti con permesso umanitario. In definitiva, la vaghezza della disposizione a cui si aggrappava la Francia fino a qualche giorno fa, accompagnata alle tutt’altro che vaghe disposizioni che vietano controlli alle frontiere fra i Paesi membri della UE, fa pendere la ragione un po’ di più dalla parte dell’Italia.