martedì 22 ottobre 2013

Profughi

Si è già parlato di immigrazione in altri post di questo blog:


ma frequenti arrivi di profughi nel nostro Paese impongono un'ulteriore riflessione. Un'alunna di una mia classe (2^ superiore) si è espressa così, svolgendo un tema su questo argomento.

Di recente è arrivato l'ennesimo barcone a Lampedusa. Arrivato per modo di dire, visto l'incendio e il capovolgimento che ha portato più vittime che superstiti.

Superstiti del naufragio di Lampedusa

Penso che facciamo schifo se denunciamo i sopravvissuti per immigrazione clandestina. Loro scappano dal loro paese per trovare pace e noi li rimandiamo indietro? Penso che se esiste una legge che vieta il salvataggio della vita di migranti, allora, ribadisco, facciamo veramente schifo, si tratta di umanità. Non ci posso credere che il nostro stato voglia questo! È come se si mettesse sulla spiaggia in costume a prendere il sole mentre guarda delle persone morire, non è accettabile!

Io capisco che c'è una legge, ma la si può cambiare, e si DEVE cambiare. Vogliono fare un'amnistia, cancellando le pene dei condannati: se sono in carcere un motivo ci sarà. Ma se si può fare questa 'cavolata', allora si può modificare anche la legge ridicola sui respingimenti.


Campo profughi in Uganda

Io so che ci sono anche persone che dicono: "Che me ne frega di 'quelli', si suicidano tanti italiani a causa della crisi economica, e noi dobbiamo metterci in lutto nazionale per degli stranieri?". Ma i suicidi non hanno niente a che vedere con questo; loro scappano dalla loro casa dove non c'è vita, non c'è libertà, qui si suicidano perché non hanno la forza di continuare a vivere perché hanno perso il lavoro: sì è brutto e mi dispiace, ma non è la stessa cosa, non si possono paragonare! Da una parte si muore per una scelta propria, dall'altra per volere di altri.

Non capisco perché l'Italia si lamenti con l'Europa, dicendo che l'hanno abbandonata... Facciamo parte dello stesso mondo e la questione DEVE - non dovrebbe - riguardare tutti i continenti, stati e persone. So che esiste un trattato fra gli stati europei riguardante l'immigrazione, ma questo è affare del mondo e dobbiamo occuparci tutti insieme della povertà, delle situazioni in cui vivono le altre persone e non fermarci solo su di noi e sulle persone che ci sono vicine.

Quando si parla di immigrazione e stranieri mi scontro sempre con chi dice: "Loro vengono nel nostro paese e fanno quello che vogliono", e ogni volta mi viene una rabbia... Non è vero che tutti gli stranieri rubano, uccidono, stuprano, ecc... Sarebbe come dire che tutti i padri sono alcolisti e violentano i figli, perché alcuni lo sono e lo fanno per davvero, ma non tutti, non bisogna generalizzare!

Bambini soldato in Sri Lanka

Io sono per accogliere gli stranieri che nel loro paese non hanno libertà, perché se non hai libertà la vita non è tua.

Lavoro minorile
Mi chiedo: e se fosse successo a me? Se fosse toccato a me nascere in un paese dove non sono libera? Se fossi nata io in un paese dove c'è la guerra? Dove per mangiare, bambina, avrei dovuto lavorare? Dove c'è una dittatura e qualcuno dice quello a cui io devo pensare? Mi chiedo se avrei avuto la forza di andare avanti o la forza di scappare verso un posto così lontano da casa. Mi chiedo se ne avrei avuto il coraggio. Diciamoci la verità: tutti avremmo desiderato andarcene, se ci fossimo trovati nella loro situazione

domenica 16 giugno 2013

Breve (molto breve) storia dell'Argentina

N.B. - È presente un nuovo post sull'Argentina: sono diapositive che ampliano la descrizione di questo paese. Possono essere mostrate anche a schermo intero.

Colonizzazione


All'inizio del 1500, approdarono in quella che sarà chiamata poi Argentina (Terra Argentea, ricca d'argento) Juan Diaz de Solis e Sebastiano Caboto, e poiché navigavano per la Spagna quella terra divenne colonia spagnola.

La maggior parte delle terre apparteneva alla corona spagnola, ai latifondisti, laici ed ecclesiastici (quest'ultimi avevano circa 1/3 di tutte le terre). Il latifondo costituì l'ossatura economica dell'Argentina per molto tempo. Gli indigeni erano impiegati nel lavoro della terra e nelle miniere. I contadini liberi erano occupati soprattutto nell'allevamento (gauchos).


Indipendenza

A causa delle tasse gravose pretese dalla madrepatria, e prendendo come esempio la guerra di indipendenza condotta dagli Stati Uniti nei confronti dell'Inghilterra, i creoli, discendenti degli europei ma privi di reale potere, proclamarono l'indipendenza nel 1816, che difesero vittoriosamente su una Spagna ormai indebolita anche in Europa. Lo stato federale vero e proprio nacque nel 1853.


All'indipendenza non seguì una grande crescita, come avvenne per gli Stati Uniti, perché qui non esisteva una classe borghese-capitalista, tuttavia l'incremento delle esportazioni verso l'Europa rese l'Argentina uno stato florido, e soprattutto, bisognoso di manodopera e per questo fu favorita ampiamente l'immigrazione, soprattutto contadina. Molti italiani, a varie ondate, raggiunsero questo paese in cerca di fortuna (fra gli altri, Giuseppe Garibaldi nel 1831, che incontrò qui la sua Anita (Ana Maria de Jesus Ribeiro da Silva). L'immigrazione italiana si interruppe soltanto durante il fascismo, ma poi riprese.

Industrializzazione

La svolta verso l'industrializzazione si ebbe a partire dall'ascesa al potere di Juan Domingo Perón, eletto nel 1946, che nazionalizzò una grande quantità di industrie strategiche in mano a capitali stranieri, e promosse lo sviluppo di un'industria leggera volta soprattutto al mercato interno, e contemporaneamente, favorì la redistribuzione del reddito promuovendo l'associazionismo sindacale (se si producono merci è indispensabile che ci siano anche acquirenti!).


Il personaggio di Evita Peron è stato celebrato dal film interpretato da Madonna.
Qui la canzone più famosa Don't cry for me, Argentina nella versione di Joan Baez

Nel 1947, con l'attivismo della moglie Evita, molto popolare in Argentina, introdusse il suffragio universale per le donne. Perón contava, infatti, sul forte legame fra lui e il popolo, grazie al forte carisma suo e di sua moglie. Tale politica, economicamente progressista, non era gradita alle oligarchie del paese, che riuscirono ad estrometterlo: la riduzione delle riserve valutarie da una parte, e quindi una situazione economica meno florida, e l'approvazione della legge a favore dell'aborto, che gli costò nel 1955 la scomunica da parte della Chiesa, destabilizzarono il suo potere e andò in esilio, accolto dalla Spagna di Franco, per evitare lo scoppio di una guerra civile.

Seguì per l'Argentina un ventennio di grande instabilità: la coesione sociale favorita dal peronismo, in mancanza del leader, portò alla frammentazione delle tante correnti all'interno del partito. Le difficoltà interne furono accentuate da una grave siccità che provocò gravissime difficoltà economiche. Il paese provò ad affidarsi nuovamente a Perón.

Nel 1973 si tennero in Argentina le elezioni generali ma anche se a Perón fu impedito di concorrere, gli elettori votarono come presidente un suo sostenitore peronista di sinistra che però si dimise nel luglio dello stesso anno, spianando la strada a nuove consultazioni. Così Perón tornò al suo paese natale e vinse la tornata elettorale divenendo di nuovo nell'ottobre del 1973, affidando alla sua terza moglie Isabel, che era stata una cantante e ballerina di night club, il ruolo di vicepresidente.

Dopo un anno Perón morì improvvisamente di infarto cardiaco, senza essere riuscito ad affrontare i gravi problemi del paese. Gli succedette la moglie Isabel, che era completamente impreparata ad affrontare la guida di un paese, e si affidò a consiglieri della destra del partito peronista. Durante questo periodo, nel tentativo di soffocare la rivolta sociale contro le gravissime condizioni economiche, appoggiò una cruenta repressione.

Giunta militare


Frammento del film "Garage Olimpo". La tortura al tempo della giunta militare.

Nel 1976 Isabel fu deposta con un golpe, e il potere venne assunto da una giunta militare capeggiata da Jorge Rafael Videla. Questo è uno dei periodi più oscuri della storia dell'Argentina. Decine di migliaia di persone, sospettate di appartenere ad organizzazioni che si ritenesse potessero svolgere una qualsiasi attività che interferisse con la politica della Giunta, furono arrestate, portate in centri clandestini di detenzione, dove vennero torturate e poi eliminate, caricandole su aerei e poi gettandole in mare ancora vive (raccontato nel film "Garage Olimpo", di Marco Bechis). Nessuna traccia. Scomparsi. Desaparecidos, come dicono le Madri di Plaza de Mayo, che continuano ancora a manifestare davanti al palazzo del governo, la Casa Rosada di Buenos Aires, in Plaza de Mayo, perché la memoria dei loro figli non sia cancellata.


Alla ricerca dei figli dei desaparecidos

Alcune donne fra gli scomparsi erano gravide, ed è stato accertato che prima di farle sparire i militari abbiano aspettato che partorissero e fatto adottare i loro bimbi da famiglie vicine alla Giunta. Dei 500 bambini nati in quel periodo, un centinaio sono stati rintracciati. Le Nonne di Plaza de Mayo, non si stancano di cercarli.


Un documentario sulla guerra della isole Falkland-Malvinas

Fra il 1981 e il 1983 si susseguirono altri governi militari, e l'ultimo intraprese a scopo propagandistico la scellerata avventura della guerra per la riappropriazione delle isole Falkland/Malvinas. La sconfitta contro la Gran Bretagna portò alla caduta dell'ultimo generale, e il ripristino dei diritti civili e della democrazia.

Ritorno alla democrazia

Il primo presidente eletto dopo il periodo della dittatura, il moderato Raúl Alfonsín, promosse il processo contro i militari golpisti. L'epoca della presidenza di Alfonsin è segnata da una crescente inflazione. Numerose manifestazioni di protesta lo costrinsero alle dimissioni.

Il grande saccheggio


Documentario argentino sulla svendita del Paese


Alle elezioni del 1989 fu eletto Carlos Menem. Uno dei suoi primi atti come presidente fu la concessione della grazia a tutti i politici del precedente governo responsabili del sanguinoso fenomeno dei "desaparecidos", nel nome della riconciliazione. Abbracciò una politica economica di stampo liberista, che, dopo un primo periodo di crescita economica, portò al default l'Argentina. Le cose non migliorarono con i successivi presidenti, fino all'elezione di Nestor Kirchner, nel 2003.

La ripresa

Il nuovo presidente condusse una lotta molto incisiva alla corruzione che dilagava nel paese, ottenne una dilazione dal Fondo Monetario Internazionale per il pagamento del debito, e durante il suo mandato l'economia argentina conobbe una nuova stagione positiva. Destituì i vertici militari compromessi col vecchio regime, impose che i responsabili degli omicidi della giunta golpista fossero processati e condannati (il 22 dicembre del 2010 l'ex capo della Giunta militare argentina, Videla, è stato condannato all'ergastolo per omicidi e torture. È morto in carcere il 17 maggio di quest'anno.).

Dal 2007 il paese è guidato dalla moglie di Nestor Kirchner, Cristina. E le cose non vanno molto bene...

sabato 15 giugno 2013

La globalizzazione del lavoro

Ho dedicato ampio spazio con i miei studenti di seconda superiore al tema della globalizzazione. Al termine delle lezioni, per verificare la comprensione dell'argomento, ho scelto alcuni articoli di attualità che riguardavano diversi aspetti della globalizzazione, come spunti per un breve saggio da svolgere in 20 righe, in classe.

Pubblico qui il lavoro di Andrea, che ha scelto questo tema:

Lo hanno chiamato il “Piano di salvaguardia e razionalizzazione dell’assetto di Indesit Company in Italia” ma si tradurrà in una delocalizzazione in Turchia e Polonia, con conseguente sovrannumero dei lavoratori: 1425 unità. Indesit è il marchio italiano degli elettrodomestici nel mondo.

Parla del lavoro nell'era della globalizzazione, dal punto di vista dei lavoratori, nel mondo occidentale e nei paesi in via di sviluppo. E anche dal tuo punto di vista, mentre guardi al futuro.
(I link e le immagini sono una mia scelta)



La globalizzazione economica ha causato una delocalizzazione delle imprese, ovvero, le grandi multinazionali hanno spostato la loro produzione dai paesi più sviluppati ai paesi più poveri, Europa orientale e Asia, soprattutto.

Se questo inizialmente può sembrare un vantaggio, perché sono creati nuovi posti di lavoro in paesi arretrati, che così possono progredire, non lo è affatto, perché i lavoratori non sono trattati nel rispetto dei diritti più elementari.

La Foxconn, dove sono prodotti gli iPhone

Se un operaio in Germania guadagna in media 18 euro all'ora, in Asia la media è di 20 centesimi di euro, e questo comporta un'enorme riduzione del costo del lavoro per l'impresa. Inoltre i lavoratori non hanno una pensione, né assicurazioni, non possono aderire a scioperi e in alcuni paesi neanche godono dei diritti sanciti dall'OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro). E anche l'ambiente di lavoro è pessimo.


La tragedia di Dacca, in Bangladesh

Per non pagare i contributi sono sfruttati anche i bambini e anch'essi sono sottoposti a condizioni durissime.

Denuncia del lavoro minorile


Infine, in questi paesi c'è un disagio tale che se qualcuno, stanco dei maltrattamenti si volesse licenziare, ci sarebbero tantissimi disperati pronti a lavorare anche a condizioni peggiori.

La delocalizzazione delle imprese provoca nei paesi più avanzati l'aumento della disoccupazione nel settore industriale, mentre nel terziario sono sempre più diffusi i contratti precari, incerti sulla durata, a minor salario, senza assicurazioni. In tal modo è difficile per i giovani fare progetti per il futuro.

Call center

Molti giovani, con una buona istruzione, preferiscono lasciare l'Italia perché non vedono prospettive lavorative adeguate nel nostro paese, che risente più di altri dell'attuale crisi economica. E la Germania, ad esempio, è pronta ad accoglierli. Anch'io immagino così il mio futuro, lontano dall'Italia.





lunedì 4 febbraio 2013

Il “contagio” consapevole

Dalla crisi della finanza privata alla crisi della finanza pubblica, 2007-2012


Fabrizio Di Benedetto
dottorando di diritto dell’UE presso la Statale di Milano


Premesso che per me è un azzardo tentare un’analisi della crisi finanziaria ed economica, perché l’economia non è il mio mestiere, mi butto in questa impresa non per offrire verità che non posso fornire (ammesso e non concesso che esistano e che le possano dare gli stessi economisti) ma spunti di riflessione che, pur imperfetti, parziali e deficitari, spero possano essere uno stimolo per chi legge.


immagine wikipedia

Quante volte si è sentito parlare, in questi anni, di “contagio”. La crisi finanziaria del 2007-2008, quella iniziata con il fallimento di Lehman Brothers, si è mossa dagli Stati Uniti all’Europa in modo molto repentino e ha investito prima la finanza privata europea e poi la finanza pubblica, soprattutto degli Stati dell'Eurozona. Gli anni che abbiamo alle spalle ci permettono ora, pur non senza qualche incertezza, di cercare di capire quanto è successo, seguendo la scansione degli eventi.


una delle banche fallite in seguito alla crisi dei subprime, foto guardian

Partiamo dall’arrivo in Europa della crisi della finanza privata. I subprime, ossia titoli il cui andamento era collegato alla capacità degli americani meno ricchi di pagare i propri debiti (ad esempio il mutuo di casa), crollarono di valore quando fu chiaro che gli americani delle classi di reddito medio-basse non avrebbero potuto onorare i loro obblighi con le banche. A cascata questo investì man mano banche e finanziarie americane e, dati i rapporti patrimoniali e finanziari fra queste e le banche europee, gli istituti di credito europei.
Per far fronte a questa crisi della finanza privata, le banche europee dovettero adottare misure strutturali (come aumenti di riserve o di capitale sociale) e perciò ridurre il credito a pubblica amministrazione, imprese e cittadini. La crisi di liquidità, ovvero la riduzione della moneta in circolo, era dovuta anche ad una minore fiducia fra le stesse banche. Nessun istituto di credito poteva più essere certo che la banca con cui trattava non avesse “in pancia” titoli spazzatura.


le gru: emblema dello sviluppo immobiliare spagnolo

Questa crisi del circolante fece venire allo scoperto le forti debolezze di alcuni paesi europei che, fino a poco tempo prima, potevano nasconderle grazie alla complicità delle banche. Si pensi alla difficoltà dei greci di ripagare il loro debito, privato e pubblico, alla debolezza della crescita spagnola fondata sostanzialmente sull’edilizia e non su fattori che danno prospettive di crescita reale sul lungo periodo, alla situazione portoghese e italiana, ossia paesi con alti livelli di disoccupazione e bassa crescita da più di 10 anni, come anche si pensi alla debolezza della crescita irlandese fondata sul terziarLagarde e Draghi a capo rispettivamente del FMI e della BCEio (soprattutto sulla finanza). I settori dell’economica privata di questi paesi sono crollati e si sono portati con loro la finanza pubblica che non poteva certo intervenire ad aiutarli.

Lagarde e Draghi a capo rispettivamente del FMI e della BCE

In una situazione di accesso al credito quasi inesistente, che rendeva evidenti le criticità degli Stati europei più deboli, gli investitori internazionali (non solo le banche ma anche i grandi fondi sovrani arabi e i grandi fondi pensione americani) hanno cominciato a dubitare della capacità degli Stati di restituire il proprio debito pubblico. Esempio lampante di ciò fu la Grecia che, dal 2009 in poi, ha dovuto rinegoziare il debito, chiedere aiuti agli Stati europei, al FMI e alla BCE per onorare il suo debito pubblico, fino al taglio dello stesso avvenuto fra il 2011 e il 2012.


2011, l'anno nero dello spread in Italia. Immagine rischiozero

Certo, la lentezza con cui l’Unione europea e gli Stati cosiddetti forti, come la Germania, sono intervenuti (con aiuti alle banche e agli Stati per permettere che le transazioni sul mercato avvenissero con maggior fiducia) ha contribuito solo ad acuire le paure degli investitori internazionali i quali hanno cominciato a fuggire dai titoli di debito dei paesi europei meno forti. Prima la Grecia, poi il Portogallo, poi l’Irlanda, la Spagna e infine l’Italia hanno visto il loro spread (la differenza fra quanto un paese paga di interessi sul proprio debito pubblico e quanto paga la Germania, presa come punto di riferimento quale paese più stabile) schizzare a livelli mai visti. Nell’autunno 2011 l’Italia pagava il 6% in più della Germania i suoi titoli di debito pubblico decennali, arrivando ad emettere obbligazioni ad un tasso di interesse del 9%.


Nell’estate di quell’anno Deutsche Bank, grande banca privata tedesca, vendette in pochi giorni 9 mld di Euro di titoli italiani. Una grossa cifra. Tuttavia, se consideriamo che l’Italia ogni anno rinnova obbligazioni pubbliche per 400-450 mld di Euro, si comprende che non possono essere singoli comportamenti di singoli soggetti ad aver provocato la crisi del debito pubblico, in questo caso, italiano. In seguito, però, altri investitori hanno seguito l'esempio della Germania.
Si può biasimare l’atteggiamento degli investitori internazionali che in massa hanno venduto titoli del debito pubblico di alcuni Stati europei?


AIG, assicurazioni e scandali finanziari. Foto assinews

In parte sì, in parte no.
Sì perché alcuni di questi sono stati per anni complici degli Stati europei più deboli, hanno finanziato spesso la loro crescita (si guardi a Spagna e Grecia in primis) senza che questi impegnassero i soldi che venivano prestati in progetti che garantissero una crescita di lungo periodo (infrastrutture, istruzione, ricerca scientifica, industria).
No perché gli Stati, e le popolazioni di questi paesi, erano ben consci delle politiche economiche che stavano intraprendendo. Hanno goduto dell’introduzione dell’Euro, e dei bassi tassi di interesse derivanti da questo, per aumentare la spesa pubblica improduttiva anziché investire in politica industriale vera e propria.
Molti grandi investitori globali, penso ai già citati fondi pensione americani, non possono certo essere ritenuti colpevoli della crisi del debito europeo. Il loro compito è quello di salvaguardare i risparmi dei lavoratori e, se investendo in Europa questi risparmi sono male investiti, è bene che vendano in Europa e acquistino altrove titoli più affidabili.


lo sfruttamento della manodopera e l'inquinamento si spostano dall'Europa all'Asia; foto ecoo

Una crisi della finanza privata americana, provocata dalla spregiudicatezza di alcuni istituti di credito e dal laissez faire del governo americano, ha coinvolto la finanza privata europea, le banche europee spesso altrettanto spregiudicate. Questo però ha provocato una crisi di liquidità tale da far emergere le difficoltà di alcuni Stati dell’Eurozona i quali, trovandosi in difficoltà nel reperire il credito, hanno iniziato ad avere problemi nel gestire le proprie entrate e poi nel ripagare il loro debito pubblico. Debito pubblico che in questi Stati è, non solo, altissimo ma cresciuto esponenzialmente negli ultimi anni che, è risaputo, sono stati anni di bassa crescita economica (vedi Italia e Portogallo) o di crescita economica falsata (come in Spagna, Irlanda e Grecia). Anni in cui questi paesi hanno speso non per modificare nel profondo la struttura industriale del loro paese (come ha fatto la Germania), davanti alle nuove sfide della globalizzazione che porta le produzioni ad alta intensità di lavoro in Asia, ma per aumentare la spesa pubblica corrente (quella di tutti i giorni) senza investire in innovazione, istruzione e ricerca.


il premier Mario Monti; foto, molto ritoccata, sky

La crisi finanziaria, prima privata e poi pubblica, diventata crisi economica è, in poche parole, un concorso di colpa. Fra finanza senza pudore e amministratori pubblici altrettanto spudorati. Ma neanche i cittadini, da cui la politica trova legittimazione, possono ritenersi del tutto innocenti, perché consapevoli di ciò che accadeva e, troppo spesso, insensibili davanti a precisi segnali di degrado della gestione della cosa pubblica. La crisi economica, non a caso, è diventata col tempo anche crisi politica e di rappresentanza (si pensi alle elezioni ripetute in Grecia e al governo "tecnico" in Italia).

Il contagio con cui si è iniziato questo breve scritto è stato per lo più consapevole infezione, provocata da Stati (gli Stati intesi come comunità internazionale) che hanno creduto troppo a lungo nelle capacità autoregolative del mercato e da istituti finanziari che hanno sfruttato l’assenza di regolazione per perseguire i propri interessi. Provocata da politici che hanno guardato al guadagno (economico ed elettorale) di breve periodo e da cittadini che hanno preferito seguire le loro vane promesse piuttosto che affrontare problemi che nei loro paesi non venivano affrontati da decenni, come quello della riconversione industriale e delle politiche a favore della coesione territoriale (si pensi a ciò che è successo negli ultimi 20 anni all’Est della Germania e a ciò che non è successo al sud di Italia e Spagna in un arco temporale ben più ampio).

La crisi verrà superata, la BCE dice, già nel 2013, ma sarà capace di tornare se gli Stati non si renderanno conto che il mercato ha bisogno della loro mediazione, come unici attori che possono tutelare l’interesse collettivo e definire strategie industriali di lungo periodo, e soprattutto se i cittadini non prenderanno coscienza della necessità di eleggere fra loro i più competenti e i più onesti, per quanto la perfezione non sia cosa umana, per gestire la cosa pubblica che, allora sì, potrà assumere quel ruolo di mediazione fra interessi particolari e interessi generali.