Basta aprire l'inserto Finanza e Mercati de Il Sole 24 Ore e andare a cercare quella pagina intitolata Commodities: termine che in italiano non si può che tradurre con "materie prime". In realtà le commodities sono quelle materie prime (principalmente agricole, metalli e combustibili) che hanno almeno due caratteristiche fondamentali: omogeneità della qualità e facilità di trasporto e conservazione.
Facciamo un esempio. Pur esistendo mille varietà di frumento e mille farine per tutti gli usi, il mercato, parola con cui intendiamo tutti i soggetti che fra loro scambiano, ha bisogno di non fare confusione e poter standardizzare i prodotti, perciò il frumento nel mondo viene diviso nelle due macro-categorie di grano duro e grano tenero. Tutto ciò che è prodotto viene marchiato con una delle due etichette e immesso sul mercato. Ovviamente, le tecnologie del trasporto hanno permesso la creazione del mercato delle materie prime che senza camion, treni, aerei, navi merci, magazzini per lo stoccaggio e catena del freddo non sarebbe mai nato.
Da tutto ciò non stupisce che il mercato delle materie prime si sia sviluppato più recentemente del mercato dei titoli di credito, delle azioni e delle obbligazioni. Può sembrare strano, ma le borse hanno prima cominciato a scambiare titoli di credito e solo dopo materie prime, anche se proprio il commercio delle materie prime è stata la prima attività dell'uomo, dopo aver imparato a coltivare ed allevare.
In altre parole, fino a che la tecnologia non ha reso possibile il trasporto di grandi quantitativi di merce (spesso deperibile), non esisteva un vero e proprio mercato mondiale di materie prime regolamentato. Beni come il grano, l'oro, il carbone ma anche la carne suina erano gestiti da mercati locali, anche di grandi dimensioni ma pur sempre locali. Certo, esistevano anche nel passato merci che per caratteristiche intrinseche potevano essere commercializzate in grandi quantitativi già dal '600 (si pensi alle spezie) e quindi essere scambiate su un mercato già globale, ma erano eccezioni.
Solo con la pace raggiunta dopo la seconda guerra mondiale, la ripresa dei commerci mondiali, le nuove tecnologie di trasporto e conservazione, si è cominciato a sperimentare un vero mercato globale delle materie prime.
A gestire questo mercato sono le borse merci (il Chicago Board of Trade e il London Metal Exchange, solo per fare due nomi), ciascuna delle quali si occupa specificamente di una materia prima o di una tipologia di queste. A Chicago, per esempio, si trattano tutte le materie agricole, mentre a Londra soprattutto metalli.
Le borse merci gestiscono le materie prime con gli stessi strumenti e con le stesse regole con cui le borse valori scambiano azioni e obbligazioni. Non è un caso. Come abbiamo detto prima: le borse cominciano a scambiare prima i titoli di credito e dopo le materie prime, perciò non stupisce che gli operatori sul mercato estendano alle commodities gli strumenti applicati da secoli ai titoli.
I livelli di negoziazione delle materie prime sono due e possiamo così definirli:
- mercato fisico, ossia il mercato fatto da operatori che vendono e comprano le merci perché ne hanno immediato bisogno (pagamento e consegna della merce coincidono);
- mercato a termine, ossia il mercato fatto da operatori che vendono e acquistano ora, ma per merce di cui necessitano fra un certo periodo di tempo (pagamento e consegna della merce non coincidono).
In un mercato tradizionale il livello fisico dovrebbe essere prevalente, ossia dovrebbe essere il mercato in cui si fissa il prezzo di riferimento. Tuttavia, nel mercato delle materie prime (e non solo) il livello prevalente è quello delle contrattazioni a termine, per un motivo fondamentale. Il mercato a termine è essenzialmente un mercato di assicurazione del prezzo. Ecco un esempio: sono un produttore di pane ed ho bisogno di alcune tonnellate di grano fra sei mesi, perché in quel periodo avrò una maggiore richiesta di pane avendo firmato nuovi contratti di fornitura. Ho però sentore che fra sei mesi il grano mi costerà più di ora, perciò compro ora il grano fissando il prezzo, ossia pagandolo a prezzo di oggi e me lo farò consegnare fra sei mesi. Se la mia paura di aumento del prezzo era fondata allora avrò risparmiato, avrò assicurato il prezzo ottimale, altrimenti avrò perso. Questo è il mercato.
Visto che tutti vogliono assicurarsi il prezzo migliore, tutti gli operatori scambiano a termine (oltre che sul mercato fisico) e perciò il mercato in cui si forma il prezzo è quello a termine, non quello fisico.
Ovviamente, non tutte le commodities si scambiano nelle borse merci. Esistono, per fortuna, piccole imprese che producono piccole quantità di grano (per rimanere nell'esempio), magari di grande qualità, che possono vendere il loro frumento fuori mercato. Tuttavia, quando il prezzo del grano è fissato a livello mondiale, il piccolo imprenditore non potrà differenziare troppo il suo prezzo rispetto a quello ufficiale. Io, piccolo coltivatore che produco grano duro, potrò farlo pagare un po' di più rispetto ai miei concorrenti più grandi, ma non potrò farlo pagare molto di più perché altrimenti i miei clienti andranno a rifornirsi da questi, che glielo fanno pagare meno.
Insomma, il mercato regolamentato, che scambia enormi quantitativi di merci quotidianamente, influenza anche il piccolo imprenditore. Come pure la nostra spesa di tutti i giorni. A sua volta questo mercato è influenzato dai grandi gruppi (agricoli, di estrazione dei minerali, dei metalli e dei combustibili) e dagli stati che spesso aiutano, sovvenzionano, le società private (agricole in primis).
Per concludere, solo un piccolo accenno a quel che prende il nome di speculazione. In tutti i mercati se ne parla, ma in quello delle materie prime la speculazione fa scattare nelle persone un maggiore senso di riprovazione morale perché si toccano questioni strettamente attinenti alla vita. Tuttavia, la speculazione è, nella sua accezione da manuale, esattamente quel che abbiamo visto parlando del mercato a termine. Un operatore che ha bisogno di merce cercherà di pagarla il meno possibile, scommettendo che pagandola prima o dopo una certa data potrà risparmiare. Spesso la controparte di questo operatore, che vuole fissare il prezzo, non è anche lui un operatore che tratta fisicamente la merce, ma uno speculatore. Pertanto la figura dello speculatore è essenziale sul mercato, proprio per garantire agli operatori non speculatori di garantirsi il prezzo migliore. La speculazione diventa un problema quando il numero di speculatori supera enormemente il numero di operatori che scambiano realmente le materie prime. Solo in questo caso (ed è purtroppo il caso dell'attuale mercato mondiale delle commodities) la speculazione diventa un problema per la vita delle persone, perché i prezzi non seguono più la domanda e l'offerta del bene ma le prospettive di maggiore guadagno degli speculatori.
Il mercato delle materie prime può subire forti oscillazioni di prezzo. Tanto per la speculazione quanto per fenomeni naturali (pensate a inondazioni che rovinano interi raccolti) ed è perciò un mercato estremamente delicato. Non è un caso che il G20 (la nuova struttura che riunisce i capi di governo dei principali paesi al mondo, che ha ormai soppiantato il G8) abbia fra i punti più caldi della sua agenda degli ultimi anni la riforma dei mercati finanziari e quindi anche di quello delle materie prime. Nuove regole per limitare la speculazione, ossia ricondurla a livelli fisiologici, e impegni sul piano dei cambiamenti climatici per limitare il loro impatto sul prezzo delle materie prime.
La strada è lunga e gli interessi contrastanti molti. Ci sono stati che ancora non sono convinti della necessità di nuove regole finanziare più rigide (USA) e stati che hanno paura che gli accordi per limitare i cambiamenti climatici possano frenare la loro corsa verso il progresso (Cina). In mezzo a questa indecisione, c'è però un mondo (in particolare l'Africa) che a causa di una minima variazione del prezzo del grano rischia di morire di fame, quando già ciò non succede.
Al termine di questo articolo di Fabrizio aggiungo il video che ha trasmesso Report dal titolo Let's make money, in cui il cinismo del mondo della finanza è posto confronto con l'immensa povertà dei paesi che eufemisticamente sono detti emergenti.
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